Un Accompagnamento autobiografico in psichiatria: racconto e scrittura
Introduzione: riappropriarsi dei significati sociali dell’esperienza per produrre socialità
Marina Arduini
Le esperienze che ci vedono personalmente coinvolti fanno spesso scaturire in noi narrazioni individuali, all’interno delle quali noi siamo gli esclusivi protagonisti, noi con i nostri bisogni, progetti e sentimenti.
Ogni accadimento in realtà coinvolge molteplici soggetti; farli emergere dallo sfondo, restituirli alla dignità di attori permette di giungere ad una narrazione storico-sociale degli eventi.
La narrazione individuale può così trasformarsi nel racconto della “socialità individuale”; non siamo più individui drammaticamente soli, soggiogati dalle nostre urgenze, paure e difficoltà; la sensazione di essere parte di un tutto in relazione con altri, inseriti in un contesto produce nuove emozioni che possono facilitare differenti rappresentazioni di sé, generando cambiamenti anche nell’affrontare l’esistenza.
L’invio: i protagonisti di un incontro
L’intervento è nato nel contesto del Centro Psico Sociale nel quale io lavoro come educatrice professionale, avendo inoltre completato un percorso formativo in counselling socio costruzionista.
Il signor B., di anni 62, è seguito per grave patologia psichiatrica, avendo ricevuto la diagnosi di psicosi all’età di 28 anni, cui ha seguito una permanenza in istituto manicomiale e numerosi ricoveri nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura.
Il medico psichiatra inviante mi chiede di occuparmi degli aspetti concreti della vita del paziente, di essergli da sostegno nella vita quotidiana, badando ad arginare, nella relazione con me, l’espressione di sue produzioni deliranti e di temi dolorosi, emotivamente molto toccanti (suicidio di una sorella) sui quali ha la tendenza a soffermarsi.
Premessa del medico è che permettere al signor B. di condividere con gli operatori le sue espressioni deliranti possa avere effetti psichici destabilizzanti e possa ostacolare il buon esito di interventi volti alla modificazione di comportamenti quotidiani.
Lo stile di vita di questa persona, che vive sola, legittima effettivamente il progetto di offrigli un supporto nell’organizzazione del “concreto”:
- Spesso emana cattivo odore (igiene personale carente)
- Mangia pane che conserva nel freezer spento per diversi giorni e quindi ammuffisce
- Indossa abiti logori o da lui artigianalmente riparati con l’utilizzo di corde o fili di ferro
- Collezione scrupolosamente bollette, ricevute di pagamento o simili da 20 anni ad oggi
- Vive in una casa mai pulita (anni fa lavò i pavimenti con un residuo di detergente per automobili che risaliva a 30 anni prima).
B. stesso ha fatto certe volte riferimento allo stato confuso ed ingombro della sua casa e a quanto abbia costituito fonte di malessere lo stato dei pavimenti prima di uno degli ultimi ricoveri in S.P.D.C. Ritengo che il viversi sopraffatto dal caos, impossibilitato ad organizzare tale situazione domestica abbia costituito un’infrazione alla modalità ossessiva di controllo che il signor B. mette in atto puntualmente raccogliendo, accumulando, catalogando e conservando differenti generi di oggetti spesso raccolti in strada, influenzando così pesantemente la sua situazione emotiva e psichica.