Entrare nella comunità “AltraCasa” è come entrare in una famiglia, solo un po’ diversa dal solito. Al posto di una tipica famiglia tradizionale, mamma, papà e eventuali figli, trovi una famiglia davvero molto speciale, composta da ragazzi fantastici che vivono insieme in una casa colorata e piena di poster, e che condividono le fatiche di ogni giorno insieme.
Non è solo la “difficoltà” ad unirli, ma un grande affetto e una grande forza che non tutti noi possediamo.
Il primo giorno ero agitata, non sapevo cosa mi sarei aspettata, cosa avrei trovato.
Varcai la soglia e subito notai quanto fosse bella quella casa: era una casa piena di allegria, con cucina, salotto, bagni, camere da letto; non era la solita “struttura ospedaliera” che spesso ospita persone come loro. Poi li vidi per la prima volta, e subito notai i loro sguardi.
All’inizio mi scrutavano, mi studiavano da lontano: volevano capire chi fossi, che ci facessi là.
Poi misi della musica per ballare insieme a loro e subito in molti si alzarono per ballare con me; poi le prime parole, poi i primi abbracci e i primi “ti voglio bene amica” “grazie di essere venuta”, frasi che mi hanno sciolto nonostante la temperatura fosse sotto lo zero.
Mi hanno subito accolta nella loro grande famiglia, come se anche io, da sempre, ne facessi parte.
Ovviamente le personalità sono molto diverse e non nego il fatto che è stato difficile rapportarsi con alcuni di loro, ma io ho accettato e ho colto al volo la sfida, e ogni piccolo passo avanti era per me un grande traguardo.
Anche gli educatori sono persone fantastiche che mi hanno aiutata, sostenuta e guidata in questa bellissima esperienza: sono persone meravigliose che ogni giorno si mettono in gioco, che ogni giorno li aiutano come se quei ragazzi fossero loro figli.
Entrare in contatto con la disabilità mentale mi ha donato davvero tanto: oltre a capire di più le difficoltà che incontrano, ho capito che sono persone più forti e coraggiose di noi, che spesso amano la vita più di noi, che spesso vivono a pieno la loro vita più di noi.
Sorridono con poco, sono felici con poco: sono persone davvero da ammirare,e non da guardare con distacco, come molte persone fanno.
Il 13/02 li ho salutati per l’ultima volta, ma non me la sono sentita di dirgli “addio”, il mio è stato più un “arrivederci” perché ho capito che faranno sempre parte di me e che farò tutto il possibile per andarli a trovare spesso. Come si fa a dire addio alla tua seconda famiglia?