
Riflessioni sugli obiettivi della terapia: linee guida e criticità
Chiara Montingelli
“L’uso odierno delle tecnologie di riproduzione tende a impedire più che favorire la liberazione di energia psichica creativa; la tecnica stringe un’alleanza insana con la donna nella cui personalità sia presente una parte fortemente funzionale o robotica: intendo qui quel settore della persona in cui gli impulsi si trasformano in funzioni e si separano dai sentimenti”, scrive Auhagen-Stephanos (1992, p.172).
Il che non significa affatto sostenere che le donne e le coppie debbano declinare dall’aiuto della medicina ma anzi poterle aiutare a vivere questi faticosi e spesso lunghi percorsi in prima persona
uscendo da una posizione passiva e dipendente che incide gravemente sui vissuti d’ansia per terrore del fallimento e sui vissuti depressivi che si aggravano con il susseguirsi degli insuccessi. È dunque tra gli obiettivi dell’accompagnamento psicologico quello di consentire a questi pazienti di affrontare i trattamenti con più serenità in modo che non si configurino, come spesso accade, come percorsi a tappe forzate cui si immola il proprio corpo e in generale la propria vitalità.
Il che significa anche creare i presupposti per effettuare delle scelte più consapevoli riguardo anche a tecniche di fecondazione eterologa, vietate in Italia, che prevedono la donazione di ovociti, spermatozoi o embrioni da individui generalmente anonimi esterni alla coppia; tale possibilità vengono solitamente presentate dal medico curante quando tutte le altre metodiche sono andate incontro a ripetuti fallimenti e non è infrequente che la donna o la coppia si presentino in psicoterapia proprio in questa fase di confusione e paura per comprendere cosa realmente desiderano e a cosa sono disposti per ottenere il concepimento di un figlio, concedendosi dunque un tempo per riflettere.
Ma porre gli individui in una posizione più attiva significa anche metterli nelle condizioni di ricominciare a investire di desiderio altre aree della loro vita, nuove o già esistenti, specie nei casi in cui la ricerca del figlio diventa ossessiva e compulsiva escludendo qualsiasi altro investimento; o anche poter iniziare a concepire una vita senza figli naturali come un’esistenza dotata di significato e da nutrire con la propria creatività ed energia vitale, qualora le tecniche abbiano ripetutamente mostrato e ribadito la loro inefficacia. A sua volta il lavoro sulla coppia, che non di rado va incontro a una crisi profonda nel corso di questi trattamenti e di fronte alla eventualità di non diventare coppia genitoriale, consente di mettere in luce incastri e collusioni che possano essere rielaborati affinché il senso del legame possa essere più consapevolmente rielaborato al di là degli obiettivi strettamente procreativi.
È un lavoro, quello che si propone, che in modo del tutto imprevisto chiede loro di rinunciare alla coazione ad agire e di elaborare la possibilità di un ripensamento, che richiede l’ accesso alla storia e alle fantasie personali. Uno spazio vuoto, non saturato dalla tecnica, che occorre riempire di sé e di noi, di parole, significati, pensieri ed emozioni. “L’analista non opera a partire da un sapere teorico ma a partire dalla parola del paziente nella sua funzione simbolica… l’analista riceve l’insegnamento del paziente” (Marinopoulos, 2005, p.95).