“Il mio primo giorno in comunità avevo paura, non tanto di chi avrei incontrato, quanto di dire e fare qualcosa che inconsapevolmente potesse urtare gli altrui sentimenti. Non avevo mai avuto modo di interagire così direttamente con la disabilità.…Non ho parlato molto, ho preferito ascoltare…
Mi sarei aspettata di incontrare persone con una disabilità fisica mentre in realtà mi sono trovata di fronte a persone con disturbi prevalentemente mentali piuttosto gravi. Ho subito notato come gli educatori si relazionavano con i residenti in modo famigliare e scherzoso, come si fa quando si è tra amici, tra persone conosciute…ho pensato che non sarei mai stata capace di fare altrettanto, ma mi sbagliavo, solo, lo avrei scoperto più tardi. Era solo troppo presto!
Conoscersi infatti è un processo graduale che richiede tempo e condivisione di esperienze e stati d’animo. Inizialmente ho pensato, con un pò di timore, che sarebbe stato difficile relazionarsi a parole, che forse la fisicità, il contatto, il sorriso, sarebbe stata l’unica forma possibile di relazione…perchè io non avrei trovato cosa dire, non avrei saputo di cosa parlare con chi non parlava. Mi sbagliavo anche su questo. Con il tempo sono nate anche delle parole da entrambe le parti. Magari non con tutti nello stesso momento e non con tutti con la medesima facilità, perchè ognuno di noi è diverso e gli incontri sono sempre unici.
Già dal primo giorno, ho sentito di aver acquisito uno sguardo “più largo”.
Il pomeriggio seguente in comunità, ai miei occhi già appariva tutto più normale; sono stata accolta da subito molto bene, abbiamo riso, scherzato, parlato e fatto merenda. Una persona che con me il giorno prima non aveva mai parlato mi ha detto: >. Non ho potuto fare a meno di pensare a come spesso per ognuno di noi sia difficile esprimere i propri sentimenti ed emozioni con spontaneità e generosità, così come ci nascono dentro…spesso abbiamo barriere e condizionamenti che ce lo impediscono, pregiudizi che le persone con disabilità non hanno per nulla.
Ciò ha permesso di fare spazio dentro di me e di accogliere e accettare le persone così come sono e di essere accolta e accettata.
Come in tutti gli incontri c’è un tempo iniziale di conoscenza reciproca, trascorso il quale possiamo darci la mano e camminare insieme, perché è nato un sentimento di reciproca fiducia…”